Nella L. 11 marzo 2014, n. 23 di delega al Governo per costruire un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, il Parlamento ha ritenuto fosse necessario introdurre anche una riforma del sistema catastale, non più adeguato a svolgere il ruolo assegnato, vetusto nella qualità informativa e quantitativa, nonché fonte originaria di distorsioni e iniquità. Considerato anche o, forse soprattutto, che su di esso si fonda tutta la fiscalità immobiliare: dall’imposizione locale con IMU, TASI, TARI, a quella erariale indiretta con le imposte di registro, ipotecaria e catastale, di successione e bollo, a quella erariale diretta con l’ IRPEF e l’IRES.

Un sistema che il legislatore si era già riproposto di riformare, senza particolare successo, già nel 1993, con il D.L. 23.1.1993, conv. in L. 24.3.1993, n. 75, (art.2), e con successivi provvedimenti nel 1995, 1996 e 1998.

Secondo una recente analisi della Sogei, pregevolissima per analiticità ed estensione, nel nostro Paese ci sono 65,8 milioni di immobili (di tutte le categorie catastali dalla A alla F), intestati a 31,7 milioni di persone (di cui il 98% fisiche e il 2% diverse dalle persone fisiche). Di tutte le unità immobiliari censite, 57,8 milioni sono case di abitazione e relative pertinenze, delle quali 37,3 milioni rappresentano l’abitazione principale (e relative pertinenze) . Il gettito assicurato dagli immobili e derivante dalle principali imposte sul possesso, sulla locazione e sulle compravendite (imposte locali comprese) è stato, nel 2014, pari a 42,1 miliardi di euro, rispetto a un totale di entrate per imposte e tasse pari a 486,2 miliardi di euro.

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